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Se si chiede alla maggioranza dei palermitani chi è il duca D’Orleans non sa rispondere, e se gli si chiede cosa è lo Zucco, pensa subito ad un territorio compreso tra Cinisi, Terrasini, Montelepre e Partinico noto non per la fertilità delle sue terre e per la fama che ebbe in passato ma piuttosto per essere una zona ad alta concentrazione mafiosa. Eppure il collegamento tra lo Zucco, il Palazzo D’Orleans a Palermo e la residenza di Chantilly nei pressi di Parigi è forte ed importante. Tre luoghi, tutti e tre residenze e centri degli interessi e delle attività del duca Henri D’Aumale, il più ricco uomo e il più grande bibliofilo del suo tempo, figlio del “re dei francesi” Luigi Filippo D’Orleans e di Maria Amelia di Napoli e Sicilia.
Scoperta la tenuta dello Zucco, il Duca ordina la zonazione del terreno introducendo tecniche enologiche innovative ed impiantando accanto agli autoctoni cataratto e perricone, vitigni francesi come il sauvignon e il semillon, e della Valle del Reno, come il riesling, per produrre un vino naturale che ottenne all’epoca, metà dell’800, una quindicina di premi internazionali.
Senza contare che diede lavoro e ricchezza riscattando buona parte della popolazione di Montelepre e del territorio circostante dall’ arretratezza, dalla povertà e dal brigantaggio.
Il film-documentario“Lo Zucco. Il vino del figlio del Redei Francesi”(presentato il 21 settembre in Sicilia al Palazzo D’Aumale di Terrasini, oggi Museo regionale) diretto da Lidia Rizzo, appassionata di fotografia e di vino, vuole tradurre in immagini una storia quasi dimenticata e sconosciuta perché non se ne perda la memoria ed anzi venga restituita “alla storia”, descrivendo il famoso vino prodotto in Sicilia dal duca e sottolineando la ricerca e gli sforzi che l’attuale proprietario, Pietro Galioto, sta compiendo con grande passione per reimpiantare i vitigni nella sua terra e riprodurre quel famoso vino, assolutamente naturale, senza aggiunta di alcol ma col solo invecchiamento di cinque anni in botti di rovere.
Della durata di un’ora circa, il documentario alterna al racconto di Pietro Galioto la storia della tenuta (acquistata nel 1853 dal duca Henri D’Aumale), le testimonianze di storici, studiosi e appassionati degli “Orleans”, del curatore del Museo Condè Chantilly (che conserva ricordi, cimeli e foto del periodo dello Zucco) e le immagini fotografiche del tempo.
Ad aprire il filmato una renault 5 rossa che percorre il viale della tenuta guidata da Pietro Galioto (l’uomo con il cappello di paglia) che affascina ed incanta lo spettatore con la storia della voce udita un giorno tra il frusciare delle fronde che gli ordina “Pietro devi fare il vino” e che lui, sulla suggestione dei racconti quasi leggendari dei vecchi contadini, attribuisce proprio al duca D’Aumale. Pietro, il quale ha ereditato dal padre una parte della tenuta dello Zucco, acquistata negli anni ’60, ormai da tempo coltivata ad agrumeti, spinto dal forte richiamo a fare rivivere quel pezzo di storia siciliana di cui essere fieri ed orgogliosi, ascolta quella voce e va alla ricerca del segreto del vino dello Zucco.
Il film si chiude con la foto d’epoca della terrazza della dimora che offre lo sguardo alla vastità della tenuta. Sulla terrazza una sedia vuota…quella del duca “vigneron” che ha scelto di morire allo Zucco.
“Se non ne conosci il nome muore anche la conoscenza delle cose; se non c’è il vigneron che custodisce e tramanda il segreto del suo vino …quel vino muore.”
Oggi c’è il nuovo vigneron che ci sta pensando…a che quel vino non muoia!
Il documentario di Lidia Rizzo è stato presentato in anteprima alla Biennale di Venezia, prodotto da BLUE FILM in collaborazione con SICILIA FILM COMMISSION. Nel cast Pietro Galioto e Ennio Palmigiano, Vittorio Umiltà (ultima apparizione), Salvo Di Matteo, Giacomo Ansaldi, Giovanni Purpura, Vito Talluto, Giuseppe Polizzi, Michele Di Dio, Nicole Garnier, Olivier Bosc e gli ultimi interventi in video di Enzo Sellerio.
www.bluefilm.it/it/component/content/article/21-lo-zucco-il-vino-del-figlio-del-re-dei-francesi
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Elisabetta Durante