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franza zoccoli2“La casa del Balambaràs”
 

 

La storia registra le guerre: numeri, dati, bilanci, vittorie o sconfitte. Ma a raccontare quello che veramente è un conflitto sono i popoli, le persone che si trovano dall'una o dall'altra parte, costrette a fare del male o a subirlo. E' solo la storia minore, il racconto dei protagonisti che ci dà la dimensione di quello che è davvero. Franca Zoccoli ha provato a parlarne nel suo libro La casa del Balambaràs” con la sua esperienza diretta, molti anni dopo. E' stata una guerra tra le più sanguinose e inutili: la conquista dell’ Africa Orientale Italiana. 
Siamo in Etiopia, ad Addis Abeba, negli anni che vanno dal '37 al '43 e lei, bambina, si trova  a viverli drammaticamente con i genitori e tre fratellini. Oggi Franca Zoccoli ha i capelli bianchi e dopo una soddisfacente vita professionale come storica e critico d'arte, prova con questo libro a tentare di sciogliere quel nodo di sensazioni, talvolta di paura, che ha accompagnato tutta la sua vita.
Lo fa raccontando se stessa senza calcare i toni, come può narrarli una bambina, lasciando al lettore il compito di mettere a fuoco dettagli e situazioni. Proiettata in un'Africa estranea e lontana perché là il regime prometteva terre fertili e benessere, ha vissuto un'avventura comune a tanti italiani, pedine inconsapevoli di una propaganda dai toni imperiosi. Ha scritto  vari libri sulle sue tematiche professionali, Franca Zoccoli, ma forse è questo per lei il più coinvolgente, quello che finalmente riesce a chiudere il cerchio. 
L'Africa allora era “la quarta sponda”, la terra promessa verso la quale si imbarcavano centinaia di famiglie in cerca di fortuna. In tanti partirono cantando “Faccetta nera”, per un'avventura  che, di lì a pochi anni, si sarebbe conclusa drammaticamente. Per la nuova destinazione africana il primo a partire è il padre Manlio, ingegnere, incaricato dei lavori riguardanti la rete viaria in Etiopia, le “strade fondamentali” che devono collegare i vari centri dell’Impero. A lui spetta la realizzazione del tratto Addis Abeba-Lekemti, non lontano dal confine con il Sudan anglo-egiziano. Per accogliere  la famiglia in arrivo affitta un villino di proprietà di un balambaràs, importante dignitario di stato.Qui comincia una vita del tutto nuova, semplice, dignitosa e con qualche nostalgia,  simile a quella di tante famiglie italiane della colonia. Il padre si preoccupa di minimizzare i disagi per la sua famiglia, facendo sembrare il lungo viaggio più un'avventura che “un peso da affrontare”. Va infatti incontro alla famiglia a Gibuti, per poter fare insieme, in treno, il percorso fino ad Addis Abeba. Mentre passa da un cantiere all’altro trovando anche il tempo di dedicarsi alla fotografia,  i ragazzi giocano e vanno a scuola e la madre e Lisina, la fedele tata italiana che li ha seguiti, si occupano della casa, dell'orto e delle galline.
Ci sono anche il cinema e il circolo e soprattutto la possibilità di ascoltare la radio Marelli per le novità e per tener vivo il legame con la patria. Intorno è tutto un fervore urbanistico, agli edifici di uso pubblico si aggiunge una rete viaria eccellente. Come diceva persino il  Negus, che vietò rappresaglie nei loro confronti, gli italiani  erano più costruttori che guerrieri. Franca ricorda tutto: gli usi e i costumi della popolazione di colore, i paesaggi aspri. l'eco della guerra che si intreccia col quotidiano e talvolta la paura, la minaccia da cui il calore della famiglia tenta di tenerla lontana.  Ma racconta anche il viaggio in Italia con l’Ala Littoria fino a Massaua per l’imbarco su una nave del Lloyd Triestino, destinazione Napoli, e l'emozione di vedere le piramidi durante una piccola sosta al Cairo. Il canale di Suez è aperto ma ancora per poco perché Mussolini, ormai legato indissolubilmente a Hitler, dichiara guerra alla “perfida Albione” e, di conseguenza, l’Etiopia, come la Somalia, resta isolata. L’illusione della guerra-lampo dura poco, i rifornimenti non arrivano e, nonostante l’eroica resistenza del Duca d’Aosta, governatore della regione (subentrato al maresciallo Graziani, criminale di guerra che poi se la caverà con una pena lievissima), è la disfatta. E qui per la famiglia, come per i tanti connazionali che non sono riusciti a fuggire in tempo, inizia un periodo durissimo, in un Addis Abeba dove la vita diventa precaria causa le bande di shiftà che saccheggiano e spesso uccidono. Dopo un assedio sventato e per evitare il campo di concentramento ecco la fuga avventurosa e l’imbarco sulle “navi bianche” che, per accordo intercorso con gli inglesi, avrebbero rimpatriato donne, bambini ed anziani. 40 giorni di navigazione, il periplo dell’Africa con la propaganda di regime a scandire i ritmi di bordo.Infine Brindisi, il ritorno a Roma e la vita che riprende chiudendo l'esperienza africana durata 5 anni, infrangendo il sogno di una vita migliore. Il libro è un'affresco godibilissimo di un'Italia che si lascia coinvolgere dal fascismo ma che sa reagire, di una famiglia a cui la storia ha assegnato un percorso in un periodo controverso declinato in una quotidianità provvisoria. La prefazione a “La casa del Balambaràs” è di Giordano Bruno Guerri che dice C’eravamo anche noi in quella casa..”

Franca Zoccoli è laureata all’università di Roma e specializzata alla Columbia University di New York. Critico d’arte de “Il Resto del Carlino” ha svolto seminari sull’arte americana presso l’Università di Roma Tre. Ha dedicato alle arti visive negli Stati Uniti libri, saggi e interventi in convegni internazionali. Particolarmente interessata al contributo femminile nel campo dell’arte, ha collaborato a vari progetti con dipartimenti di women studies nel Nord-America. Molte le pubblicazioni (apparse in Italia, Stati Uniti, Francia, Germania, Repubblica Ceca) dedicate alle artiste sperimentali italiane nel periodo fra le due guerre e soprattutto alle futuriste, argomenti sui quali ha tenuto conferenze e lezioni in vari paesi. Tra i suoi libri: Dall’ago al pennello – Storia delle artiste americane, QuattroVenti, Urbino, 1987; The Women Artists of Italian Futurism, Midmarch Arts Press, New York, 1997; Benedetta Cappa Marinetti – L’incantesimo della luce, Selene Edizioni, Milano, 2000 (II ed. 2009); Le futuriste italianenelle arti visive, De Luca, Roma, 2008.

scritto da Franca Zoccoli -Prefazione di Giordano Bruno Guerri

Illustrazioni di Cecilia Avallone - De Luca Editore - pp. 176 - Euro 18,00

 

Mariella Morosi