Studio UniCredit-Nomisma: la Sicilia si conferma una regione strategica nel settore del vino
foto di gruppo Modica dal 6 al 10 maggio 2025

Nel corso del 2024, l’export dei bianchi Dop siciliani è ulteriormente cresciuto rispetto a quanto già registrato nell’anno precedente, quando le esportazioni registrarono un +7,8% a valore rispetto al 2022. Nel 2024, infatti, l’export dei bianchi Dop siciliani è cresciuto di un ulteriore 8,9%.

È uno dei dati che emergono dall’Osservatorio sulla competitività delle Regioni del Vino - Sicilia, realizzato da Nomisma Wine Monitor in collaborazione con UniCredit, presentato in conferenza stampa a Palermo.“Il supporto alle realtà del comparto vitivinicolo in Sicilia”- ha sottolineato Salvatore Malandrino, Regional Manager Sicilia di UniCredit -“ che si trovano oggi ad operare in uno scenario globale complesso e incerto continua ad essere un impegno per UniCredit. Un sostegno a 360° ad una filiera da sempre portavoce del Made in Sicily nel mondo e che si concretizza attraverso credito, consulenza, supporto nelle sfide dell’export e delle due transizioni, digitale e sostenibile”.

“La cultura del vino in Sicilia: una storia millenaria che guarda al futuro”, è il pay-off di Sicilia en Primeur 2025, commenta Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia.

Il vino siciliano è uno dei simboli della cultura mediterranea, della quale la Sicilia è massima espressione. Il vino non è solo un prodotto agricolo o commerciale, non è semplicemente una bevanda ma un elemento essenziale della cultura universale, che attraversa secoli e civiltà. La sfida alla quale Assovini Sicilia è chiamata a rispondere e dare il suo contributo è anche quella di tutelare il valore culturale del vino contro dinamiche internazionali restrittive, contro una cultura che criminalizza quello che è un prodotto culturale, promuovendolo come espressione di civiltà, conoscenza, bellezza e tradizione”.

Lo studio Nomisma

Dopo un 2023 che ha visto l’import mondiale di vino contrarsi di oltre il 5% rispetto all’anno precedente, nel 2024 il tanto atteso rimbalzo non c’è stato. Considerando i primi 12 mercati di import di vino (il cui peso sugli scambi mondiali supera il 60%), solamente quattro di questi hanno registrato crescite nelle importazioni a valore (Stati Uniti, Canada, Cina e Brasile).Rispetto a tale scenario, l’Italia ha portato a casa un risultato positivo (+6% a valore), trainato soprattutto dagli spumanti tricolori (+9%) le cui esportazioni incidono ormai per il 30% sulle vendite frontiera complessive di vino italiano. Gran parte di questo merito è ascrivibile al Prosecco, il cui export è aumentato dell’11% nell’ultimo anno.Al contrario di quanto accaduto invece alla Francia, il cui 2024 si è chiuso nuovamente in calo (dopo il -3% del 2023) per un-2,4%, generato dal crollo dei propri spumanti le cui vendite all’estero sono diminuite del 6,5% (in questo caso, colpevole lo Champagne il cui export è diminuito dell’8%).Tra gli altri top exporter che nel 2024 hanno registrato una sensibile crescita va citata l’Australia: +31%. Una performance tutta di origine cinese. Dopo la “messa al bando” dei vini australiani da parte del governo cinese con un “superdazio” del +218% a partire dal 2021 (causa rappresaglia politica) e che aveva portato l’export di vini australiani da oltre 114 milioni di bottiglie a meno di 200 mila, nel 2024 si è arrivati ad un accordo tra i due governi per la revoca tariffaria.Allargando la visuale del confronto agli ultimi dieci anni, l’Italia figura come il paese il cui export di vino è cresciuto di più tra tutti i competitor: +60% contro il +51% della Francia e il +33 della Nuova Zelanda.Il nostro vino arriva oggi ai quattro angoli del pianeta, ma in alcuni di questi appare troppo concentrato. Il 60% dell’export vinicolo italiano si concentra in appena 5 paesi, con gli Stati Uniti in testa (24%). La Francia presenta un indice di concentrazione (sempre rispetto ai primi 5 mercati di sbocco) del 51% (con un peso degli Usa del 20%), la Spagna è al 48% (incidenza Usa dell’11%).Restando in tema, anche le esportazioni regionali denotano alti livelli di concentrazione. Il solo Veneto pesa per il 37% sull’export di vino nazionale, seguito da Toscana e Piemonte con il 15% entrambi. Aggiungendo Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna si arriva ad un’incidenza dell’80%.Lo stesso poi si desume per i vini a denominazione. Guardando al peso degli Stati Uniti – oggi di estrema attualità alla luce dei dazi di Trump – sull’export dei vini Dop, si evince come i bianchi del Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia hanno nel mercato americano il principale paese di sbocco (48% del proprio export), così come per i rossi Dop della Toscana (40%) e a seguire i rossi del Piemonte (31%). Molto più bassa invece l’esposizione dei vini siciliani: 20% per i rossi Dop, 14% per i bianchi.Nel corso del 2024, l’export dei bianchi Dop siciliani è ulteriormente cresciuto rispetto a quanto già registrato nell’anno precedente, quando le esportazioni registrarono un +7,8% a valore rispetto al 2022. Nel 2024, infatti, l’export dei bianchi Dop siciliani è cresciuto di un ulteriore 8,9%. In senso opposto sono andati i rossi Dop siciliani che registrano, per due anni di fila, una riduzione nell’export (-4,5% nel 2023, -2,9% nel 2024).Focalizzando l’attenzione sui top 10 mercati di destinazione, per i bianchi Dop siciliani l’export 2024 è cresciuto del 37% in UK, del 34% in Russia, del 12% in Germania e per l’11% sia in Canada che negli Usa. Per i rossi Dop Siciliani, pur in un contesto di calo complessivo, si registra una crescita in Canada (+22%), Russia (+17%), Paesi Bassi (+8%) e Stati Uniti (+6%).E proprio sugli Stati Uniti è stata realizzata da Nomisma una consumer survey per il III° Rapporto Wine Monitor-Unicredit sulla competitività delle Regioni del Vino su quasi 2.000 consumatori di vino localizzati nei 3 Stati di maggior consumo, vale a dire New York, California e Florida.Tra i principali temi indagati dalla survey, è emerso quello dei cambiamenti nelle preferenze gustative che vede oggi il consumatore americano fare più attenzione ai vini di qualità (33% dei consumatori si è espresso in tale senso), ricercare vini di differenti regioni e territori (28%) ma prestare anche più attenzione alla salute, ad esempio acquistando vini rossi più leggeri e a minor contenuto alcolico. Senza tralasciare gli aspetti “green” particolarmente attenzionati dai consumatori più giovani.In questo contesto, dove il 65% della popolazione dei tre Stati analizzati ha dichiarato di aver consumato vino nell’ultimo anno, 7 su 10 hanno orientato la propria preferenza di consumo verso un vino italiano.La Sicilia è tra le regioni italiane più conosciute e visitate dagli americani, oltre che più apprezzata per i vini che produce. Solamente il 14% dei consumatori intervistati dichiara di non aver mai sentito nominare la Sicilia, la percentuale più bassa assieme a quella per la Toscana tra tutte le regioni italiane.Sempre la Sicilia, assieme alla Toscana, vengono indicate dagli americani come le regioni italiane che producono i vini di maggior qualità, tanto che 6 su 10 dichiarano di conoscere almeno un vino siciliano e 2 su 10 di averlo anche consumato. Rispetto a questi ultimi, la percentuale di consumatori di vini siciliani aumenta tra coloro che hanno visitato l'Italia negli ultimi cinque anni, apprezzano la cucina italiana, sono millennial (29-44 anni), wine lover (buon conoscitore di vino) e con un alto reddito annuo (superiore ai 100.000 $).Le ragioni che hanno spinto questi consumatori a bere un vino italiano e siciliano discendono dai valori espressi, principalmente riconducibili alla tradizione, alla varietà dei vitigni autoctoni e alla qualità riconosciuta, sia a livello internazionale che rispetto al connubio con un “giusto” prezzo.Ecco perché, al di là dei dazi, la maggioranza dei consumatori americani vede un futuro di crescita per il vino italiano. Un futuro che, anche nel breve periodo (nei prossimi 12 mesi) dovrebbe condurre ad una maggior propensione al consumo dei vini del Bel Paese rispetto alla media. A prescindere infatti dal 65% dei consumatori che manterrà invariato il consumo di vino italiano, un altro 25% ha dichiarato di volerlo aumentare contro un 13% che invece lo ridurrà, denotando in tal modo un saldo positivo di 9 punti percentuali.È comunque da precisare che i dati Istat di export tengono conto del luogo di spedizione all’estero, per cui sfuggono i quantitativi di vino siciliano che non partono direttamente dalla Sicilia per l’estero, ma partono da porti ubicati in altre regioni alle quali questi volumi di prodotto vengono computati come export vinicolo. Per cui si stima che in realtà il commercio estero di vini e mosti siciliani sia superiore rispetto ai dati ufficiali Istat. Sicilia en primeurSicilia en Primeur nasce nel 2003 come anteprima internazionale dell’ultima annata, rivolta alla stampa italiana ed estera. L’evento ha lo scopo di far conoscere sia le innumerevoli sfaccettature del vino siciliano, attraverso degustazioni e incontri con i produttori, sia i luoghi e la cultura che compongono la tradizione enologica siciliana, attraverso enotour in diverse aree dell’isola. Scegliendo tra 10 itinerari differenti, i professionisti della stampa viaggiano alla scoperta delle aziende vinicole e del territorio. Il vino diventa, così, una chiave di lettura esclusiva per comprendere la straordinaria varietà e biodiversità dell’Isola ed il suo patrimonio storico-culturale, insieme alla storia dei produttori e delle aziende vitivinicole.Il format vincente di Sicilia en Primeur prevede tre giorni di enotour rivolti alla stampa e visita alle aziende vitivinicole partecipanti ed i territori di produzione, degustazioni tecniche e talk su temi di attualità, un convegno. Il quinto ed ultimo giorno sarà dedicato all’incontro con i produttori e alle degustazioni nelle postazioni aziendali.L’ultima edizione del 2024 ha coinvolto 106 giornalisti provenienti da tutto il mondo (53 dall’estero, 38 dall’Italia e 15 giornalisti regionali) e le aziende partecipanti sono state 59.


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Fondata nel 1998 da Giacomo Rallo, Diego Planeta e Lucio Tasca, Assovini Sicilia oggi conta 101 aziende associate che producono circa 900 etichette da cui si genera più dell’80% del valore del vino siciliano imbottigliato. Ad unire gli associati è il grande amore per la propria terra e la consapevolezza che il vino siciliano rappresenti un valore unico nel panorama enologico italiano e mondiale. Attraverso la Fondazione SOStain Sicilia, Assovini è inoltre impegnata nel promuovere e supportare la sostenibilità sociale, economica e ambientale, incentivando le buone pratiche per una vitivinicoltura sempre più green. Un’associazione dinamica e contemporanea che ha già tracciato la rotta per il futuro puntando sulle nuove generazioni.