- Dettagli
- Categoria: Gastronomia
Festa grande a San Giorgio a Cremano, proprio sotto al Vesuvio, per celebrare i croccanti fritti vanto della cucina popolare durante il regno borbonico. Un unico filo di profumi e di gusti ha unito Palermo a Napoli, con il tocco di classe dei Fratelli Salvo, Ciro, Francesco e Salvatore, pizzaioli da tre generazioni e di Francesco Leilio membro e fondatore dell’ Accademia di Cucina di Strada Palermitana e titolare dell’ Antica Pannelleria Siciliana.
E’ stata una sfida appassionante senza vincitori nè vinti scandita da assaggi: Crocchè contro Panelle di farina di ceci, Pani ca’ meusa (panino di sesamo con la milza) contro Ciurilli, Fiori di zucca ripieni di ricotta di bufala, Pastellati di verdura palermitani (cardi e broccoli) contro le Pizzelle Montanare e quelle ripiene di cicoli (ciccioli di maiale), pepe, ricotta e provola di bufala. Entrambe le rappresentanze con i loro affiatati collaboratori hanno impastato, tagliato, pastellato, fritto le loro specialità, presentandole poi caldissime in cartocci di carta paglia, come si usava una volta.
Quasi obbligata la scelta della location: un vero e proprio tempio della pizza e’ Napule qual’è la storica Pizzeria Salvo. Dopo gli studi universitari i fratelli hanno scelto di dedicarsi alla professione di famiglia continuando a lavorare con passione, al calore del forno a legna, impastando farina di media forza con quell’acqua speciale di Napoli che fa tanto buono anche il caffè.
Il risultato è una pasta soffice, leggera e nello stesso tempo croccante, buona anche da sola, come nelle zeppole di sola “pasta cresciuta“.
Una sofficità che diventa sublime con l’aggiunta della pummarola, dei salumi e dei latticini freschi di giornata, ricotta e mozzarella anzitutto (ricordate Totò? “Ti fai dare mezzo chilo di mozzarella di Aversa, freschissima! Assicurati che sia buona: pigliala con due dita, premi la mozzarella, se cola il latte te la pigli, se no desisti!).
I fratelli Salvo giocavano in casa, ma anche l’ospire siciliano, Francesco Leilio, ha portato nelle sue fritture tutta la maestria di cuoco di lungo corso. Insieme ad ogni ben di Dio fritto, la kermesse di San Giorgio a Cremano ha riproposto la storia del Regno delle Due Sicilie e delle consuetudini alimentari della gente comune, di quelli cioè dei Borboni potevano solo osservare gli sfarzi a debita distanza. Ma si sa, il cibo unisce, attraverso di lui è passata la storia e la cultura dei popoli. E così come i piatti dei re e dei principi pian piano, perdendo qualche ingrediente per strada, sono arrivati sulle tavole meno ricche, i monsù e i cuochi delle cucine blasonate di Ferdinando II gradivano e riproponevano magari un po’ piu’ elaborati, i cibi di strada che vedevano mangiare con gusto nelle strade: verdure, frattaglie, pezzetti di chissà che cosa.
Non è forse la condivisione dei segreti di cucina alla base delle identità di paesi e nazioni? A promuovere questo evento è stata la Biennale del Gusto-Spaghetti Italiani la cui mission non è solo la degustazione di tutto il buono d’Italia, ma lo studio e la conoscenza della storia del cibo e del rito del mangiare, nonchè della loro evoluzione nel tempo fino ai giorni nostri: un mix di segmenti culturali e approfondimenti tematici. Visitatissimo il suo blog cresciuto anche con il contributo di tanti appassionati. Lo aveva promesso il presidente Luigi Farina presentando a novembre l’iniziativa che ha sede nella settecentesca Villa Bruno a Cavalli di Bronzo (San Giorgio a Cremano) “Pensiamo ad un contenitore -aveva detto- che vedrà vivere al suo interno le attività che caratterizzeranno i prossimi 2 anni, mirate a diffondere la cultura del nostro paese in tutte le sue sfaccettature, abbinandole e fondendole fra di loro per donare qualcosa di variegato e nello stesso tempo divulgativo. Le gare che abbiamo organizzato avranno una doppia funzione, infatti oltre a diffondere la conoscenza dell’enogastronomia italiana daranno anche la possibilità ai nostri utenti, quelli che abbiamo chiamato ‘Spaghettari’, di assaggiare e gustare quanto proposto da valenti concorrenti“.
Questa prima gara storico-gastronomica nella Pizzeria Salvo è stato l’esordio di un più vasto programma che prevede nel biennio altre competizioni dal nome promettente: il Bicchierino d’Oro, il Cornicione d’Oro 2012 (beninteso, quello della pizza) e non solo.Non è un caso che il progetto venga da Napoli.
Scriveva Goethe sulla sua esperienza nella città del Vesuvio: “Non v’è stagione che non ci veda circondati d’ogni parte da generi commestibili.Il napoletano non solo ama mangiare ma esige pure che la merce in vendita sia bellamente presentata“. Del resto, a colpire tutti i viaggiatori del Gran Tour che approdavano nel Regmo delle Due Sicilie era proprio la cultura del cibo, a giudicare dai loro scritti.
Durante la degustazione dei fritti ne hanno parlato lo storico e scrittore siciliano Gaetano Basile, che riesce ad affascinare con le sue verità storiche scritte e raccontate, spesso inedite, frutto di accurate ricerche, e il giornalista Bruno Gambacorta, che poco prima della Festa dei fritti aveva presentato sempre a Villa Bruno il suo libro “Eat Parade” in cui 35 storie raccontano come il cibo possa dare nuove opportunità, lavoro e successo passando anche per la solidarietà.
Scontato quanto apprezzato il dessert: sfogliatelle e cannoli di ricotta. Di livello anche i vini in degustazione, il Nero D’Avola (Ginestra Nera) della cantina siciliana Calatrasi e due declinazioni di un vitigno autoctono delle pendici vesuviane: il Catalanesca, vinificati in purezza dall’Azienda Sorrentino (il Catalò) e dalle Cantine Olivella, il Katà. Il tutto a cura dell’AIS (Associazione Italiana Sommelier) rappresentata dal suo delegato Pasquale Brillante.
Mariella Morosi